domenica 4 marzo 2012

FRANCO LO RE :
Non lo sai
Stanno parlando di una Rivoluzione
Sembra un sussurro
Non lo sai
Stanno parlando di una Rivoluzione
Sembra un sussurro
Mentre fanno la coda per il sussidio
Piangendo alla porta degli eserciti della salvezza
Sprecando tempo agli uffici di collocamento
Aspettando una promozione
La povera gente si ribellerà
E si prenderà la sua parte
La povera gente si ribellerà
E si prenderà ciò che le appartiene
Non lo sai faresti meglio a correre, correre, correre
Ho detto che dovresti
Correre, correre, correre
Finalmente la situazione si capovolgerà
Parlando di Rivoluzione




domenica 25 dicembre 2011

SARA' MOLTO DIFFICILE

pubblicata da Laura Picchetti
25 dicembre 2011
Sara' molto difficile che gli italiani si affranchino..da vecchie abitudini e tanti mal vezzi. Sara' molto difficile che la giustizia in Italia diventi veramente uguale per tutti...Forse non lo e' mai stata.
Oggi siamo in tanti stufi della politica che abbiamo visto peggiorare giorno per giorno dal dopo guerra in poi.
Nei primi anni dopo la guerra, a me sembra, che chi si dava da fare in politica avesse ancora degli ideali civili o comunque etici a cui ispirarsi .
C' erano I ROSSI ,I NERI,I CATTOLICI: c' era, insomma, gente che sperava nella dottrina comunista, altri , nostalgici di una regime fascista (che ci aveva di sicuro portato tutti nel baratro di una guerra disastrosa anche per un mal fondato e mal digerito desiderio di successo ) e c'erano... i cattolici .. in tutti e due gli schieramenti.
OGGI A ME PARE CHE NON SIA PIU' COSI':NESSUNO PUO' CHIAMARSI FUORI DALLA SITUAZIONE ITALIANA , MA BEN POCHI HANNO IL CORAGGIO DI DIRE VERAMENTE QUALCOSA DI SERIO SULLE VERE CAUSE DI MOLTI MALI ITALIANI E SULLE VERE RAGIONI DI TANTE CONTROVERSIE E DI TANTI DELITTI INSOLUTI.
E' preferibile non tentare di andare alle radici del problema:ci sono tabu' che si cerca di evitare di infrangere con ogni mezzo e in taluni casi e' preferibile e molto piu' facile non provare neanche a sottomettere alcune credenze al vaglio della nostra intelligenza o peggio discutere dei nostri dubbi con amici e parenti.
.
TANTE INFATTI SONO LE PREVARICAZIONI ALLE QUALI SIAMO STATI ABITUATI SIN DA PICCOLI .. E DI CUI SIAMO SPESSO INCONSAPEVOLI.IO STESSA RICORDO LA MIA VITA SCOLASTICA IN SCUOLE TENUTE DA MONACHE: MIA MADRE ,ITALIANA FIN NEL MIDOLLO, PLAGIATA DALLA PROPAGANDA BELLICA REGALO' LE FEDI D'ORO ALLA PATRIA PUR NON AMANDO NE L'EDUCAZIONE FASCISTA NE LA GUERRA : SI LIMITAVA SOLO A PROTESTARE QUANDO I SUOI FIGLI ERANO CHIAMATI A SFILARE IN DIVISA DA BALILLA E DA GIOVANI ITALIANE ALLE MANIFASTAZIONI DI REGIME.

Mia madre che mi rimproveranva se non andavo a messa pur non andandoci quasi mai lei stessa. Tanti vecchi tabu' vengono inconsapevolmente trasmessi dalle generazioni
piu' anziane, così che i giovani vengano abituati ad accettare tradizioni e
credenze senza fiatare come se tutto fosse dovuto.
.
E TANTI DIVIETI ED OSSERVANZE SOPRAVVIVONO NEI SECOLI, ANCHE SE, POI ,ALL' ATTO PRATICO NESSUNO CREDE O PRENDE SUL SERIO CERTI OBBLIGHI E CERTI DIVIETI.
IL MARTELLAMENTO DEI MEDIA IN CERCA DI ACCREDITAMENTO NEI PALAZZI DEL POTERE FANNO IL RESTO.

E' piu' facile parlare di soldi di contratti e di precarieta' diffusa che mettere il dito o il naso in vicende che coinvolgono,per esempio i rapporti tra stato e chiesa cattolica.Sembra quasi che sia di cattivo gusto tirare in ballo la religione, così come si manifesta in italia. Sembra una cosa riprovevole parlare delle manifestazioni oceaniche del clero in abiti lussuosi.
LE SPESE EVIDENTISSIME E DECISAMENTE INDECOROSE PER QUESTI EVENTI DI PROPAGANDA NON DICHIARATA,NON SEMBRANO INTERESSARE NESSUNO:In fondo,tanto dispendio di soldi, tanto lusso sarebbe giustificato dalla necessita' di dare lustro al culto in onore di GESU' CRISTO, e il popolo bue ( e' cosa risaputa ) ha bisogno di feste,farina e forca.
Qui in italia ci sono comunisti che vanno a messa la domenica Ci sono politici che divorziano e si dicono cattolici... Ci sono persone che dopo essersi sposati in chiesa si risposano con un altro partner in municipio, ma continua o a battezzare
figli e nipoti.Ci sono donne e maschi di tutte le eta' che non credono piu' ai riti cattolici,ma li frequentano anche solo per motivi mondani. Come dire di no a funerali e matrimoni in chiesa, benedetti da preti a pagamento? La societa' in cui siamo immersi lo richiede. Abbiamo anche preti, anzi ex- sacerdoti ,SOSPESI A DIVINIS, che intrallazzano e creano cattedrali private che spacciano per benefiche istituzioni mentre poi si scopre che si tratta solo di macchine per far soldi.

CI SONO PERSONE CHE PAGANO LA DICHIARAZIONE DI ANNULLAMENTO DI MATRIMONIO ALLA SACRA ROTA PER RISPOSARSI IN CHIESA...E ALTRI CHE SI FANNO DARE ONORIFICENZE DAL VATICANO PUR ESSENDO COMUNISTI E DIVORZIATI .
E POI CI SONO ITANTI PRETI CHE PECCANO RIPETUTAMENTE : ALCUNI POI , NON SOLO PECCANO , MA, SPESSO,COMMETTONO CRIMINI VERGOGNOSI: MA QUESTI LORO CRIMINI VENGONO COPERTI OMERTOSAMENTE PER ANNI E ANNI,DA COLORO CHE DOVREBBERO,PER LA LORO POSIZIONE PRECIPUA ,PREDICARE VERITA' E GIUSTIZIA.
Fortunatamente,ogni tanto qui e lì, appaiono rare figure di preti che invece hanno il coraggio di vivere apertamente il loro dissenso dai comportamenti del clero,ma sono mosche bianche che fumano il sigaro e sanno dire pane al pane e vino al vino.
SONO MERCE RARA POICHE' LORO ASPIRANO ANCORA AD UNA CHIESA POVERA TRA I POVERI ... AD UNA CHIESA SENZA ORPELLI,CHE SIA PRONTA A PAGARE L'ICI ALLO STATO ITALIANO E, PERFINO A VESTIRSI DI RUVIDA TELA.GLI ITALIANI , IN QUESTO MAGMA DENSO E MALEODORANTE, RESTANO INVISCHIATI E VANNO AVANTI ALLA CIECA ,VITTIME LORO STESSI ,DELLE LORO INDECISIONI E DEL IMPRINTING CHE LI ACCOMPAGNA SIN DALLA LORO PIU' TENERA ETA'.







.

giovedì 1 settembre 2011

LA SANTA EVASIONE


La Santa Evasione di Stefano Livadiotti

Un patrimonio immobiliare sterminato.
E tutto senza tasse.
Più sovvenzioni, sconti, esenzioni.

Così lo Stato privilegia il tesoro del Vaticano.
(31 agosto 2011) Ci sono gli aspirantati, i commissariati, le case sante, le pie società, le arcidiocesi, le curie generalizie, le arciconfraternite e i capitoli. Poi: i seminari pontifici, i pellegrinaggi, i vescovadi, gli stabilimenti, i sodalizi e le postulazioni generali.
E ancora: i segretariati, gli asili, le confraternite, le nunziature e le segnature apostoliche... E' accuratamente nascosto dietro una babele di migliaia di sigle spesso imperscrutabili il patrimonio immobiliare italiano della Chiesa, il più grande del mondo intero, che alcuni arrivano a stimare nell'iperbolica cifra di un miliardo di metri quadrati.
Un tesoro comunque immenso, ormai circondato dalla leggenda e che costituisce uno dei segreti meglio custoditi del Paese.
Da sempre. E più che mai oggi, nel momento in cui intorno a questa montagna di mattoni, e alla Santa Evasione, legalizzata sotto forma di elusione, infuria una polemica politica al calor bianco.
E che potrebbe presto trasferirsi clamorosamente nelle aule del Parlamento.

UN'ICI RADICALE. "Quante divisioni ha il Papa?", chiedeva Joseph Stalin a chi gli riportava le accuse del Vaticano. Si vedrà quando il Parlamento sarà chiamato a votare la maxi manovra balneare da 45 miliardi abborracciata dal governo per tentare di far fronte alla crisi economica.
I radicali hanno infatti presentato un emendamento che farebbe cadere l'esenzione dall'Ici, l'imposta comunale sul mattone, per tutti gli immobili della Chiesa non utilizzati per finalità di culto (quelli cioè in cui si svolgono attività turistiche, assistenziali, didattiche, sportive e sanitarie, spesso in concorrenza con privati che al fisco non possono opporre scudi di sorta).
Una partita decisiva per la Santa Casta della Chiesa e per il suo vertice, una pletorica nomenklatura autoreferenziale e interamente formata per cooptazione che, secondo tutti i sondaggi più recenti, rischia di strappare alla partitocrazia la palma dell'impopolarità nazionale.
Dopo averle già scippato il primato in termini di costo per la collettività.

L'ALTRA CASTA. Anni di trattative con la politica, spesso sfociati in accordi di favore ai confini con la legalità, hanno infatti assicurato alla Chiesa un pacchetto di privilegi che, tra sovvenzioni statali dirette e indirette (quelle garantite attraverso gli enti locali) ed esenzioni fiscali vale - secondo i calcoli di Curzio Maltese ("La Questua") - quattro miliardi e mezzo l'anno, 500 milioni in più rispetto all'apparato politico (ma in un altro libro Piergiorgio Odifreddi arriva addirittura a una cifra doppia).
Una parte consistente di questa ricchissima torta deriva proprio dall'esenzione sull'Ici.
Un privilegio che una prudentissima analisi dei Comuni ha valutato in un mancato gettito fiscale compreso tra i 400 e i 700 milioni di euro l'anno (ma secondo Odifreddi le esenzioni fiscali immobiliari del Vaticano valgono invece dieci volte di più: 6 miliardi) e per il quale Roma rischia una salata condanna a Bruxelles per aiuti di Stato. Se il bonus venisse abrogato, allora anche tutto il resto potrebbe essere messo in discussione.
In Vaticano è dunque allarme rosso.
Anche perché la crociata lanciata dai radicali sta guadagnando consensi. Nei giorni scorsi l'incauta sortita contro l'evasione fiscale del capo dei vescovi, Angelo Bagnasco, ha suscitato una reazione forte in un Paese chiamato al sacrificio per fronteggiare la crisi. Nel giro di poche ore, su Internet decine di migliaia di firme (120 mila solo su Facebook) sono comparse in calce alla proposta di presentare al Vaticano il conto della manovra.
Così ora anche il vertice dei Pd propone di dare una sforbiciata ai bonus della Santa Sede. Che ha spedito i suoi al contrattacco: "Vogliono tassare la beneficenza", s'è lamentato il direttore di "Avvenire", Marco Tarquinio, facendo balenare la prospettiva di una chiusura della Caritas.

QUANTI SANTI IN PARLAMENTO. I nemici sono forse più agguerriti di sempre. Ma la Chiesa è tutt'altro che disarmata: nei palazzi del potere romano il Vaticano dispone da sempre di una lobby formidabile, trasversale all'intero schieramento partitico e pronta a scattare al primo cenno di comando.
Quella che lesta è entrata in azione, nell'autunno 2007, con il governo di Romano Prodi, per spazzare via con 240 voti contrari (contro appena 12 a favore) un emendamento della stessa maggioranza che avrebbe costretto gli enti ecclesiastici a pagare l'odiata Ici. La stessa che pochi mesi prima, stavolta a Montecitorio, era riuscita a mobilitare 435 voti intorno agli interessi fiscali della Chiesa.
E che all'inizio di quest'anno ha strappato la conferma dello sconto milionario, inizialmente soppresso, anche nell'Imu, la nuova imposta destinata a sostituire l'Ici dal 2014. "Oggi c'è più attenzione mediatica rispetto al passato, ma alla fine non se ne farà nulla", dice sconsolato il deputato radicale Maurizio Turco, uno degli alfieri della battaglia contro i privilegi del Vaticano. Vaticano | evasione fiscale | privilegi | Ici | Chiesa © Riproduzione riservata
-----------------



---------------------------------------------------------------
GRAZIE ALL'OTTO PER MILLE. Il pessimismo dei radicali è più che giustificato se si guarda alla storia dell'altro grande privilegio strappato dalla gerarchia ecclesiastica allo Stato e quindi in ultima analisi ai cittadini.
Quello dell'otto per mille, messo a punto nel 1985 (con la consulenza di Giulio Tremonti) in sostituzione della cosiddetta congrua, e cioé dello stipendio di Stato ai sacerdoti. Un marchingegno furbetto: in teoria ogni contribuente può destinare la sua percentuale a una delle confessioni che hanno firmato l'intesa con lo Stato; in pratica funziona come un gigantesco sondaggio d'opinione, al termine del quale si contano le scelte effettuate, si calcolano le percentuali ottenute da ogni soggetto e in base a queste si ripartiscono tutti i fondi, compresi quelli di chi non ha espresso alcuna preferenza.
Così, se coloro che mettono una croce sono solo una minoranza rispetto al totale, nel 2007 la Chiesa (attraverso la Conferenza episcopale) s'è vista assegnare l'85,01 per cento del montepremi. Non solo: ogni tre anni, secondo la legge, una commissione avrebbe dovuto valutare la congruità del gettito ed eventualmente rivedere la percentuale destinata alla Chiesa.
Dell'organismo s'è subito persa ogni traccia.
Eppure i numeri dicono che tra il 1990 e il 2008 l'incasso della Cei è salito di cinque volte (da 210 a 1003 milioni), mentre la spesa dei vescovi per il sostentamento dei preti è poco più che raddoppiata (da 145 a 373 milioni). La Chiesa dunque ci guadagna, eccome.
Ma nessuno pensa di chiedere ai suoi dignitari di tirare la cinghia, come tocca fare ai comuni mortali.

MATTONE NASCOSTO.

Logico dunque attendersi che la rete protettiva della Chiesa avvolga anche la partita Ici. Del resto, sono passati più di trent'anni da quando Gianluigi Melega è stato congedato dalla direzione de "L'Europeo" dopo la pubblicazione, alla fine del 1977, dell'inchiesta sugli immobili della Chiesa a Roma intitolata "Vaticano spa". Ma da allora nulla o quasi è cambiato.
Appartamenti, uffici, negozi, capannoni e garage di proprietà della Chiesa sono sempre irrintracciabili.
Tuttora una mappa del tesoro non esiste: un emendamento del radicale Turco alla Finanziaria 2008, che prevedeva un censimento del mattone vaticano, è stato considerato neanche meritevole di voto.

Amen.

In barba a ogni esigenza di trasparenza, di fatto la Chiesa, proprio come i sindacati, non si sogna neanche di predisporre un bilancio consolidato. In quello della Santa Sede, per esempio, non sono compresi i numeri del governatorato della Città del Vaticano, né quelli dello Ior, delle conferenze episcopali e degli ordini religiosi. Così, chi si cimenta nel seguire le tracce delle singole sigle si ritrova davanti a un groviglio che avrebbe disorientato anche il mago Houdini.
Quanto alle poche cifre ufficiali, compulsarle è davvero tempo perso: farebbero alzare il sopracciglio anche a un bambino.

Per farsi un'idea basta provare a spulciare i conti dell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica: si legge di un portafoglio immobiliare di 430 milioni (dati 2006), capace di produrre un reddito di 36 milioni, a fronte di 18 di spese. Decisamente, i conti non tornano: vorrebbe dire infatti che l'Apsa è in grado di spremere dai suoi palazzi un rendimento dell'8,4 per cento, più di quattro volte superiore a quello che, in media, portano a casa gli enti previdenziali italiani. E dato che nessuno è così fesso da gonfiare artificialmente le proprie entrate, si deve supporre che sia il valore iscritto in bilancio a essere sottostimato di almeno tre quarti.

UN MILIARDO DI METRI QUADRATI.
In mancanza di dati certificati, bisogna affidarsi alle valutazioni, più o meno spannometriche che siano.
Quelle del gruppo Re (Religiosi ecclesiastici), da sempre vicino alla gerarchia vaticana nel business del mattone, attribuiscono alla Chiesa il 20-22 per cento dell'intero patrimonio immobiliare italiano, che è pari a 4,7 miliardi di metri quadrati. Se fosse vero ("La stima mi pare comunque esagerata", è la pallida smentita del presidente dell'Apsa, Domenico Calcagno) si arriverebbe appunto intorno a un miliardo di metri quadrati, per un valore appossimativo di 1.200 miliardi di euro.
Per altri immobiliaristi non si va invece oltre i 100 milioni di metri quadrati: che tradotti in euro varrebbero comunque tre volte la manovra economica di quest'estate. Le inchieste condotte sul campo danno in ogni caso l'idea di un patrimonio davvero sconfinato. Secondo i dati raccolti dal solito Turco, che ha passato due anni a setacciare il catasto, solo a Roma la Chiesa avrebbe in portafoglio 23 mila immobili.

E le sue proprietà sarebbero in continua crescita, dato che nel 2008 ha beneficiato di qualcosa come 8 mila donazioni (esentasse, ça va sans dire).
Così, nel 2010, Propaganda Fide (una sorta di ministero degli Esteri vaticano, accreditato di immobili per complessivi 9 miliardi di euro) risulta intestataria a Roma di 2.211

---------------



Alla fine, comunque, tutte le indagini si sono arenate davanti ai depistaggi messi in campo dalla gerarchia vaticana. Non solo, per esempio, a Roma le proprietà sono suddivise tra una miriade di soggetti (circa duemila, tra cui 325 ordini femminili e 87 maschili). Di più: anche quelle che fanno capo a una stessa sigla risultano ben mimetizzate. E' il caso dei possedimenti di Propaganda Fide, che usa come schermo alle sue proprietà 48 denominazioni sociali diverse, sia pure sempre con lo stesso codice fiscale.

DESTRA E SINISTRA PARI SONO. Quello sull'Ici e il Vaticano (che in base al concordato non paga tasse sugli edifici di culto come le chiese) è un tormentone che va avanti da anni. Esattamente dal 2004, quando a mettere provvisoriamente fine alla diatriba tra comuni e Chiesa è intervenuta una sentenza della Cassazione, che ha dato ragione ai primi.
A ribaltare il verdetto, a fine 2005, ci ha pensato il governo di Silvio Berlusconi, che, pressato dai vescovi, ha ribadito l'esenzione. L'anno dopo è toccata a Prodi, autore di un capolavoro di ambiguità all'italiana, in base al quale lo sconto vale solo per gli immobili in cui non si esercita un'attività esclusivamente commerciale. Basta dunque che una qualunque struttura, per esempio turistica, abbia una piccola cappella incorporata et voila: il gioco è fatto (secondo i comuni, oggi infatti la Chiesa paga solo nel 10 per cento dei casi in cui dovrebbe).
Tutto regolare, ha stabilito all'epoca una commissione istituita dall'allora ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. L'Unione europea, però, non l'ha bevuta.

MA BRUXELLES INDAGA. A quel punto, su iniziativa dei soliti radicali, la partita s'è dunque trasferita a Bruxelles. Che, dopo aver costretto la Spagna ad abolire l'esenzione Iva per la Chiesa, ha invece archiviato per due volte la pratica italiana. Ma è stata poi costretta a riaprirla quando gli autori della denuncia si sono rivolti alla Corte di giustizia.
Nel mirino della commissione Ue (per la quale alcuni parlamentari italiani hanno invocato tutti seri la scomunica) ci sono, oltre all'esenzione Ici, lo sconto del 50 per cento sull'Ires concesso agli enti della Chiesa che operano nella sanità e nell'istruzione (valore: circa 500 milioni l'anno) e l'articolo 149 del Testo unico delle imposte sui redditi, che, in base a una logica stringente, conferisce a vita agli enti ecclesiastici la qualifica (e i relativi benefici fiscali) di enti non commerciali, indipendentemente dalla loro reale attività. Turco spera in Bruxelles più che in Roma: "A livello tecnico", dice, "i funzionari si sono già espressi, con un pollice verso alla normativa italiana".
Resta il fatto che la Santa Casta della Chiesa sta giocando la sua partita con un mazzo di carte truccate.
"Amministrare i beni della Chiesa", si legge in un solenne documento sottoscritto dai vescovi e datato 4 ottobre 2008, "esige chiarezza... su questo fronte, tuttavia, dobbiamo ancora crescere".

Sante parole, davvero.

venerdì 12 agosto 2011

stelle cadenti............... e P 3

P3, ecco tutti i guai del Pdl
Subdola rete di regali e favori
di Claudia Fusani
Non è una geometrica potenza di immediata percezione.
Una di quella associazioni a delinquere di cui capisci subito forza e spessore. La P3 è subdola ed è questa la sua forza: riesce ad insinuarsi ovunque grazie all’invito al convegno in località di lusso, a cene e colazioni, regali di Natale e altri favori.
Ovunque purché serva.
L’obiettivo è sempre lo stesso: aumentare le rete di potere, assumere informazioni, condizionare decisioni a favore del gruppo.
L’arricchimento è uno degli obiettivi ma non il più importante.
Anzi, prevale su tutto il potere di controllo.

LEGGI I DOCUMENTI

Le sessantamila pagine depositate dall’aggiunto Capaldo e dal sostituto Sabelli ai difensori dei venti indagati raccontano questo lento ma progressivo insinuarsi nei meccanismi della vita pubblica per condizionarli, dalla nomina di un amministratore locale in Sardegna per garantirsi gli appalti per l’eolico, a quella di un magistrato in un ufficio che poi potrà tornare sempre utile; dall’inserimento dei candidati nelle liste fino a veri e propri condizionamenti nel funzionamento e nelle decisioni della giustizia ai massimi livelli, dalla Corte di Cassazione a quella Costituzionale passando per procure e corti d’Appello.

Sono otto i fatti reato contestati agli indagati (di cui 14 hanno la violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete).
Di questi ben cinque hanno a che fare con la magistratura.
Due con la segnalazione di candidati. Uno è il grande business dell’eolico in Sardegna, da dove a metà 2009 era partita l’inchiesta.

Le grane del Pdl, da Verdini a Dell’Utri.

Quattro su venti. Sono i parlamentari del Pdl coinvolti nell’inchiesta con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla costituzione di una loggia segreta, alla corruzione, all’abuso d’ufficio e all’illecito finanziamento.

Un problemino in più per il segretario politico del Pdl Angelino Alfano che ha inserito Verdini nella Comitato delle regole che dovrà riscrivere i fondamenti del partito.

La vicenda dell’eolico in Sardegna è lunga e complessa. Ed è, si legge nell’atto di chiusura indagini, uno dei modi individuati dall’associazione per procurarsi liquidi e danaro. Gli imprenditori forlivesi Alessandro Fornari e Fabio Porcellini avrebbero «fornito il sostegno economico al sodalizio (la P3, ndr) e necessario a realizzare il piano industriale di intervento nel settore delle energie rinnovabili, a creare la provvista necessaria destinata alla corruzione dei pubblici funzionari e ai finanziamenti illeciti in favore di membri del Parlamento».
Ciò facevano, si legge sempre nell’atto, «versando ripetutamente a Carboni (Flavio, già membro della P2, ndr), a Denis Verdini (coordinatore del Pdl, l’uomo delle liste, ndr), Marcello Dell’Utri e Massimo Parisi (coordinatore pdl in Toscana) somme ingenti di danaro per un totale di 6 milioni che prelevavano dalle casse di società da loro gestite e trasferivano a Carboni e agli altri associati con la complicità di prestanomi».

Gli amministratori sardi, Farris (direttore generale dell’Arpa), Cossu (presidente del consorzio Tea) e Garau (dirigente Area ambiente del comune di Porto Torres) «mettevano a disposizione le loro funzioni pubbliche per assicurare il buon esito alle iniziative imprenditoriali, nel settore dell’eolico, intraprese dal sodalizio». Tomassetti, Pau, Scanu Concas, autista e fidanzate di Carboni, sono i prestanomi utilizzati per le complesse operazioni finanziarie che iniziano nel 2005, coinvolgono la Ste (Società che edita Il Giornale in Toscana) e passano per lo più dagli sportelli della ex banca di Verdini (il Credito cooperativo toscano) e da quelli dell’agenzia Unicredit di Iglesias.

Il meccanismo sembrava oliato alla perfezione ma poi l’inchiesta giudiziaria ha stoppato tutto alla fine del 2009. Verdini ha sempre sostenuto, anche un anno fa in una burrascosa conferenza stampa, che le accuse sono tutte infondate, «banali operazioni di trasferimento di danaro».
Lo ripete anche oggi: «Tutto ciò è surreale».
Intanto Bankitalia, la cui ispezione era nata dall’inchiesta fiorentina sui Grandi Appalti, ha multato gli ex membri del Cda della banca per un totale di 650mila.

Assolta la magistratura.

Le toghe di ogni ordine e grado sembravano il vero scandalo dell’inchiesta: nomine condizionate, sentenze aggiustate, rivelazione di notizie riservate, dalla Corte Costituzionale fino Csm passando per il ministero della Giustizia.
Erano almeno dieci i magistrati coinvolti, tra quelli indagati e quelli sentiti come testimoni.
Alla fine sembra dover pagare “solo” l’ex presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone.

Per lui i pm vogliono chiedere il processo per corruzione in atti giudiziari: avrebbe, come presidente, rinviato alle Sezioni Unite della Corte, prendendo tempo e cercandone il condizionamento, la decisione sulla vertenza Mondadori-agenzia delle entrare (alla fine la casa di Segrate ha pagato solo il 5 per cento di arrestati che doveva allo Stato) e per l’allora viceministro Nicola Cosentino che si opponeva presso la Corte all’arresto per contiguità con la camorra.

In cambio Carbone chiedeva un incarico per quando da lì a poco sarebbe andato in pensione.
Curiosamente, l’atto di citazione cita questi e anche tutti gli altri episodi, a cominciare da quelli che hanno riguardato l’esclusione prima e la riammissione poi delle liste di Formigoni alla regionali 2010 e la richiesta da parte del governatore, direttamente a ministro e sottosegretari, di inviare gli ispettori alla Corte d’Appello di Milano.

Ma l’accusa ha addebitato le pressioni “solo” a Pasqualino Lombardi e ad Arcangelo Martino. Con la motivazione che in fondo, pur dopo tante richieste e trattative, quelle richieste non sono andate a buon fine. Comportamenti eticamente non corretti. Ma penalmente non perseguibili.

10 agosto 2011

lunedì 20 giugno 2011

Carceri per clandestini



L’Italia li rinchiude un anno e mezzo nei Cie

Scritto da Redazione | Diritto di critica
il 20 giugno 2011 in Politica / Società

Scritto per noi da Andrea Onori

I Centri di identificazione ed espulsione (Cie) tornano a far parlare di sé. Nonostante da quel lontano 8 Agosto del 2009 (entrata in vigore del “pacchetto sicurezza”) non abbiano mai smesso di agitarsi. Sono due anni che ogni giorno proteste, scioperi, gesti di autolesionismo, rivolte, incendi e fughe divampano nel bel mezzo dell’indifferenza più assordante.

Venerdì scorso, l’ennesimo episodio di tensione all'interno del Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma). Alcuni migranti rinchiusi all’interno della struttura, hanno incendiato le stanze servendosi dei suppellettili e materassi. La protesta è partita dal settore maschile. Dopo un scontro frontale con le forze dell’ordine, il risultato è di qualche ferito tra i migranti e ingenti danni registrati alla struttura.

Il detonatore che avrebbe fatto scoppiare la rivolta sarebbe lo stesso motivo di due anni fa, quando Maroni varò il “pacchetto sicurezza” allungando la permanenza nei Cie da 60 a 180 giorni. Ora, un migrante potrebbe restare trattenuto addirittura fino a 18 mesi.“Con l’aumento dei tempi di permanenza nei CIE si compie il passo definitivo per trasformare strutture, inizialmente pensate per una permanenza massima di 60 giorni, in luoghi in cui cittadini stranieri, pur non avendo commesso alcun reato, nemmeno quello di clandestinità, così come sancito dall’Unione Europea, sono costretti per un anno e mezzo a vivere in carceri lager» dichiara il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.

Il Garante si dice indignato e addolorato per come il governo sta affrontando il problema delle politiche migratorie “In questa decisione del Governo, fortemente criticata anche dal mondo cattolico e dal volontariato, non si tiene in considerazione in primo luogo la sofferenza e la dignità di migliaia di persone disperate, a cui nonostante la sensibilità e l’attenzione delle forze dell’ordine e degli operatori che gestiscono i Centri, oggettivamente non è possibile garantire i diritti fondamentali”. Angiolo Marrioni ci conferma che le condizioni di vita all’interno dei centri sono inverosimili e ora, con i tempi che diventeranno più lunghi, la situazione potrà solo peggiorare o addirittura esplodere. “Non è questa un’operazione degna di un Paese civile come il nostro - continua il garante - trasformare dei disperati in detenuti senza diritti, senza assistenza e senza garanzie”.

Per il monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes allungare i tempi di trattenimento dei Cie, “che non sono un luogo dove le persone vengono tutelate, significa esasperare maggiormente la situazione. Sappiamo che i Centri di Identificazione ed Espulsione sono un luogo di grande conflittualità, di violenza, di autolesionismo, perchè la persona non è tutelata”.

Cosa sono i Cie
Celle, filo spinato, vigilanze, forze dell’ordine, abbandono, sporcizia, freddo estremo d’inverno e troppo caldo d’estate. E poi ancora: violenza fisica e morale, autolesionismo, fughe e indifferenza. E’ questo ciò che troviamo dentro quei recinti per esseri umani.
Il 23 maggio del 2008 il Ministro Maroni cambiò nome a queste strutture nonostante il suo fine sia stato sempre lo stesso. In precedenza usava la parola “permanenza” (Centro Permanenza Temporanea), quasi a significare che fosse un soggiorno. Come se i migranti accolti nelle celle avessero un trattamento privilegiato. Invece, oggi ci troviamo davanti ad un progetto diretto di “identificazione ed espulsione” (CIE). Comunque si vogliano chiamare queste strutture, non sono altro che luoghi di detenzione adibiti per immigrati senza permesso di soggiorno. Sono veri e propri centri di reclusione dove gli “irregolari” vengono ammassati per lunghi mesi. Una sospensione della vita.

Nei Cie è praticamente negato l’accesso alle organizzazioni non governative e a tutti gli enti di tutela, a eccezione dell’UNHCR e della Caritas che sono comunque tenuti a presentare formale richiesta di autorizzazione. Anche giornalisti e parlamentari hanno spesso visto chiudersi la porta in faccia. Soprattutto in questi ultimi mesi, quando con una circolare silenziosa lanciata nel mese di aprile, si vietava alla stampa l’ingresso nei Cie e nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara). Il pretesto per varare in poco tempo questa direttiva è lo stato di emergenza per gli sbarchi.

Amnesty International nel suo rapporto annuale del 2010, denunciava che “troppe volte i detenuti sono sistemati in container (come succede permanentemente a Torino) e in altri tipi di alloggi inadeguati a un soggiorno prolungato, esposti a temperature estreme, in condizioni di sovraffollamento. Alcuni centri hanno uno spazio aperto troppo ristretto, quando non manca del tutto”. Un altro comunicato di Amnesty parlava di condizioni igieniche carenti, cibo scadente e soprattutto di mancate forniture di vestiti puliti, biancheria, lenzuola.

Esprimono preoccupazione anche Medici Senza frontiere che chiedono “la chiusura di due centri dove abbiamo riscontrato condizioni di detenzione intollerabili”. Si tratta dei centri siciliani di Kinisia e Palazzo San Gervasio. “Le persone dormono dentro tende e i servizi medici sono insufficienti - dice l’associazione - A Kinisia manca l’elettricità e l’accesso all’acqua è saltuario”. In due precedenti rapporti (2004-2010), Medici Senza frontiere, aveva denunciato le “conseguenze disastrose” sulla salute fisica e mentale delle condizioni di detenzione dei Cie di tutta l’Italia.

domenica 22 maggio 2011

Adriano Podestà:

La Lega ha iniziato la procedura di eutanasia del governo, nel modo più fetido: obbligare il moribondo a saltare un'asticella sempre più alta, grazie a richieste irricevibili, così che il poverino, sfiatato, muoia prendendosi la colpa di esser morto





(ASCA) - Napoli, 21 mag - Nessuno apparentamento formale, ma un patto sostanziale fra tutti i partiti della vecchia ''Unione' per sostenere la candidatura di Luigi De Magistris a sindaco di Napoli. Un patto elettorale per far convergere sull'ex pm i voti non solo del partito di Di Pietro e della Federazione della sinistra (che lo hanno appoggiato in prima battuta) e di quelli che fino a domenica scorsa hanno sostenuto Mario Morcone, Pd, Verdi, Sel.

Per annunciare ufficialmente quello che era abbastanza ovvio sin da lunedi' sera,(il commissario del Pd Orlando lo definisce 'automatico') tutti i responsbili cittadini dei partiti hanno tenuto insieme una conferenza stampa nella sede dell'Idv. Il quadro che ne esce e' quello del vecchio centrosinistra di Bassolino, ma spostato piu' a sinistra. Con un Pd privo di leadership che - per effetto della legge elettorale - rischia anche di perdere quattro consiglieri nel caso in cui De Magistris venga eletto. Un Pd che si ritrova a sostenere un aspirante sindaco che si e' piu' volte scagliato proprio contro Bassolino.

Le ragioni di un patto elettorale sono da ricercarsi nelle dichiaraizoni dello stesso De Magistris che ha preteso di puntare sulla sua persona. ''L'apparentamento formale e' una prerogativa del candidato sindaco'' spiega il segretario cittadino di Idv, Enzo Ruggiero , convincto che ''la posizione radicale e innovativa di De magistris porti ad una vittoria piu' che probabile''. Ma il patto elettorale, quindi sostanziale, e' anche un banco di prova in vista di quella che Ruggiero conia come ''alleanza per il governo della citta'''. L'Idv e' certa che sara' possibile recuperare voti anche fra gli elettori del Terzo Polo (proprio oggi Pasquino ha implicitamente ammesso che ci sono molti punti di convergenza fra il suo programma e quello dell'ex pm, assicurando che mai potrebbe appoggiare il candidato dle centrodestra Lettieri).''Per vincere puntiamo ad una quota base di 250mila voti, cifra che speriamo di superare - aggiunge Ruggiero - per far questo abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti, soprattutto degli 89mila voti di Morcone''.